Album "Noi che gridammo al vento": immagini e documenti
La quarta gallery del progetto Ombre sotto i portici è dedicata a Noi che gridammo al vento, pubblicato nel 2016 dall’editore Einaudi.
L’indicazione delle pagine del romanzo citate si riferisce a questa edizione, al momento l’unica uscita nelle librerie (in formato cartaceo).
Il romanzo non fa parte della serie dedicata a Sarti Antonio, può piuttosto essere ascritto a quel filone di testi della produzione macchiavelliana che, pur mantenendo lo statuto di fiction, raccontano e indagano eventi cardine della storia italiana, in particolare episodi di criminalità pubblica strettamente correlati alle trame politiche e sociali del nostro paese. Romanzi come Funerale dopo Ustica, la cui lettura chiuderà questo ciclo di incontri, e Strage, al contrario primo testo affrontato dal Gruppo di Lettura e su cui si può consultare una gallery di documenti analoga a questa. Noi che gridammo al vento anzi non solo ripropone alcuni personaggi già visti in Strage, ma si salda strettamente a esso dal momento che le ultime pagine sono ambientate a Bologna il 2 agosto 1980.
I documenti presentati sono quasi interamente conservati e consultabili presso la Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna. Salvo dove diversamente specificato, la collocazione indicata è quindi relativa a questa biblioteca.
Come sempre ricordiamo che per rimanere aggiornati sull’attività di Macchiavelli e ricostruire la sua lunga carriera di romanziere si può consultare il sito a lui dedicato.
Loriano Macchiavelli, Noi che gridammo al vento (2016)
La frase riportata nella quarta di copertina di Noi che gridammo al vento introduce un tema fondamentale di questo e degli altri “romanzi civili” di Macchiavelli che abbiamo citato in precedenza. All’interno della narrazione è il cantore Omero - che è diventato cieco proprio in seguito all’agguato di Portella della Ginestra, come se la perdita della vista fosse il prezzo da pagare per trovare la voce con cui raccontare - a sviluppare il concetto presente in questa breve frase. Il dialogo fra lui e il Professore è allo stesso tempo una dichiarazione d’intenti e un manifesto metodologico che l’autore mette in bocca a colui che lo rappresenta all’interno del testo:
«La memoria. Da giovane, quando viaggiavo, lessi una targa affissa sulla facciata di un teatro: “La tradizione è una materia da conservare viva e in evoluzione, altrimenti è qualcosa che non appartiene alla vita, ma alla memoria”. Non so chi fosse il G.C. che la firmava. So cosa intendeva: la memoria è morta. Rimane dentro di noi e negli archivi o nei segreti di Stato. Dobbiamo farla viaggiare perchè viva e allora diventa ricordo. La memoria conserva, il ricordo si fa racconto e diventa creatività. Questo io faccio. trasformo la memoria in racconto, che consegno ad altri raccomandando di tenerlo vivo. Solo così il racconto diventa pericoloso.
- Perchè?
Potrebbe svelare, Professore. Potrebbe togliere i veli, pulire la memoria per arrivare a chi esegue e a chi ordina. Io so. Siamo in tanti a sapere: Portella è stata la prova generale. Modalità, connivenze, despistaggi, sospetti, fango. Terrorismo e strategia della tensione» (p. 123-124).
Come spiega la nota che Macchiavelli appone al testo (il romanzo ha un breve apparato di 20 note), la frase citata da Macchiavelli si trova incisa su una «Lapide posta sulla facciata del teatro comunale di Corfù».
Loriano Macchiavelli, Noi che gridammo al vento, Torino, Einaudi, 2016.
Nelle biblioteche del Polo Bolognese il romanzo è disponibile anche in versione audiolibro e eBook.