Album "Il nome della rosa"
In questa gallery raccogliamo documenti di varia natura che illustrano la genesi e la successiva vita editoriale del romanzo Il nome della rosa di Umberto Eco, che fanno riferimento agli eventi e ai temi trattati nell’opera o che possono avere fornito una base informativa per l’autore. Riguardo a questo punto dobbiamo mettere le mani avanti (come non abbiamo mai fatto per gli altri libri letti dal Gruppo di lettura) per denunciare fin da ora che in alcune occasioni - sempre dichiarate - ci siamo divertiti ad azzardare e a proporre ipotesi che non hanno nessuna pretesa di essere dimostrate o dimostrabili. Ma se si fa una rassegna anche minima dei numerosi saggi o articoli dedicati al romanzo ci si accorge che gli stessi critici di professione hanno spesso azzardato e suggerito ipotesi poco fondate sulle fonti di Eco, tanto che lui stesso - lo vedremo - ha in alcuni casi dovuto stupirsi di quanto leggeva e, se lo riteneva necessario, rettificare. Dunque questa non vuole essere un’analisi scientifica ed esaustiva di fonti e documenti utilizzati dall’autore né tantomeno un’interpretazione del testo letterario (quando abbiamo presentato un’interpretazione critica è perché altri l’avevano già proposta e ci sembrava utile discuterne). Questo è il resoconto di un’esperienza di lettura, che si prende la libertà di azzardare un gioco - quello della ricerca di fonti, citazioni, allusioni - che è d’altra parte ben giustificato e anzi incoraggiato sia dall’Eco Autore Empirico che dall’Eco Autore Modello (riprendiamo una terminologia ben diffusa e presete in un saggio che incontreremo spesso, Interpretazione e sovrainterpretazione). Per noi bibliotecari-lettori un invito a nozze che non potevamo rifiutare.
Dove non diversamente specificato, l’indicazione delle pagine del romanzo citate si riferisce alla prima edizione, pubblicata nel 1980. La paginazione è rimasta inalterata nelle numerose ristampe Bompiani che non facciano parte di una specifica collana, comprese quelle a cui sono state aggiunte le Postille a Il nome della rosa (nella gallery forniremo maggiori informazioni sulla vita editoriale del testo).
I documenti utilizzati sono quasi totalmente conservati e consultabili presso la Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna. Salvo dove diversamente specificato la collocazione indicata è quindi relativa a questa biblioteca.
Ibn al-Haitham, Opticae thesaurus (1576)
Eco vuole invitare il lettore che osserva i metodi di indagine di Guglielmo a pensare a Sherlock Holmes, anche per mettere in discussione l’eccesso di razionalità e lo stereotipo di detective che il personaggio di Conan Doyle ha contribuito a creare (basti pensare che alla fine Guglielmo è sconfitto su tutti i fronti). Lo si evince anche dagli interessi e dalle conoscenze scientifiche che il monaco dispiega lungo tutto il romanzo. Che un francescano di inizio XIV secolo possa realmente possedere tutte queste nozioni è domanda inutile e oziosa, che ci si potrebbe porre anche relativamente a un gentleman detective nullafacente nella Londra ottocentesca. Eco però, come spiega all’inizio delle Postille, crea il suo mondo narrativo fin nei minimi particolari e per farlo in maniera credibile ci offre le indicazioni per potere dire che in quell’universo finzionale il monaco Guglielmo da Baskerville potrebbe avere accumulato molte nozioni scientifiche e anche un metodo di pensiero razionale. Molte di queste indicazioni sono anche storicamente rilevanti, perchè per esempio l’amicizia e la vicinanza intellettuale che il protagonista rivela di avere con Guglielmo da Occam e Ruggero Bacone stanno lì a testimoniare che collocare in quel periodo quella modalità di pensiero razionale non è un anacronismo. Allo stesso scopo di creazione di un mondo narrativo il testo, spesso per bocca dello stesso Guglielmo, cita i documenti sui quali il personaggio ha costruito la propria sapienza. Alle volte si tratta di documenti realmente esistiti, alle volte di testi storicamente falsi ma perfettamente plausibili - e utili - all’interno della costruzione narrativa.
Un esempio di documento storicamente documentabile riguarda una delle passioni scientifiche del monaco: l’ottica. Anche in questo caso, se si pensa all’importanza che hanno gli specchi nella struttura della biblioteca, il riferimento non è gratuito o un banale sfoggio di sapienza, ma diventa elemento cardine della trama.
È proprio in biblioteca, di fronte allo specchio che ha confuso Adso durante l’incursione della notte del secondo giorno, che il francescano invita il novizio a leggersi «qualche trattato di ottica [...] come certo l’hanno letto i fondatori della biblioteca. I migliori sono quelli degli arabi. Alhazen compose un trattato De aspectibus in cui, con precise dimostrazioni geometriche, ha parlato della forza degli specchi» (p. 176). Il trattato di Alhazen (il cui nome in arabo è Ibn al-Haitham) è quello che vediamo nell’immagine a fianco, pubblicato nel 1572 con il titolo Opticae thesaurus.
L’interesse di Eco per lo specchio come oggetto scientifico-filosofico ha trovato applicazione anche nel saggio Sugli specchi (in Sugli specchi e altri saggi, p. 9-37).
Ibn al-Haitham, Opticae thesaurus. Alhazeni Arabis libri septem, nunc primùm editi. Eiusdem liber De crepusculis & nubium ascensionibus. Item Vitellonis Thuringolopoli libri 10. Omnes instaurati, figuris illustrati & aucti, adiecti etiam in Alhazenum commentarijs, a Federico Risnero, Basilea, per Episcopios, 1572.