
Album "Apocalittici e integrati"
In questa gallery raccogliamo documenti che illustrano la genesi e la vita editoriale del saggio Apocalittici e integrati di Umberto Eco (1964), che fanno riferimento ai temi trattati nell’opera o hanno fornito una base informativa per l’autore. Questa non vuole essere un’analisi scientifica ed esaustiva di fonti e documenti utilizzati dall’autore né tantomeno un’interpretazione critica del lavoro di Eco.
Quello che qui proponiamo è il resoconto di un’esperienza di lettura e di ricerca nel patrimonio della nostra biblioteca (con alcune escursioni su altre raccolte documentarie). Non solo non c’è pretesa di esaustività, poniamo anzi una dichiarazione preventiva del fatto che maggiore attenzione si è data alla parte relativa ai fumetti, considerata più interessante e adatta al percorso di lettura del nostro gruppo, mentre canzone e TV sono trattate qui in maniera episodica. Non si fanno inoltre quasi riferimenti ai capitoli Cultura di massa e “livelli” di cultura e La struttura del cattivo gusto, che naturalmente sono però la base teorica implicata nella presentazione dei documenti da noi preparata come del lavoro di analisi dei testi - grafici, testuali e sonori - fatta dall’autore.
Dove non diversamente specificato, l’indicazione delle pagine del romanzo citate si riferisce alla prima edizione, pubblicata nel 1964.
I documenti utilizzati sono quasi totalmente conservati e consultabili presso la Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna. Salvo dove diversamente specificato la collocazione indicata è quindi relativa a questa biblioteca.

Rita Pavone, mito adolescenziale
A sfogliare l’inchiesta sulla canzone popolare giovanile pubblicata da Roberto Leydi su «L’Europeo» nel gennaio 1964 - quindi appena qualche mese prima di Apocalittici e integrati, a testimonianza di come Eco convogli nel libro testi e riflessioni di recentissimo interesse - si capisce perché il professore punti la sua attenzione su Rita Pavone, la cui foto campeggiava sul settimanale a fianco del titolo.
È ben conosciuta l’analisi fatta da Eco della trasposizione in italiano della canzone If I had a hammer, che subisce una neutralizzazione che da canzone di protesta sociopolitica la rende ritmo banalizzato su cui cantare le sofferenze di un amore adolescenziale, proprio per ottundere e banalizzare le menti degli adolescenti stessi. Se si pensa che pochi anni dopo quegli stessi adolescenti saranno protagonisti di proteste sociali decisive, potremmo dire che l’operazione è in gran parte fallita, ma il punto non è questo. Andando oltre i singoli giudizi sulle singole opere della cultura di massa, la questione cruciale di Apocalittici e integrati che viene ribadita anche da questa sezione musicale è sempre la stessa: non bisogna né demonizzare né esaltare la canzone popolare italiana destinata ai giovani, ma bisogna mettere in gioco «una analisi sempre più approfondita dei comportamenti di fruizione del prodotto artistico di consumo [che] non potrà che chiarirci l’ambito entro il quale ci muoviamo» (p. 296).
Roberto Leydi, Perché gli urlatori, «L’Europeo. Settimanale di attualità», 12 gennaio 1964.