Il 29 gennaio del 1945, ad un anno esatto dal bombardamento che aveva colpito il palazzo dell'Archiginnasio, il ministro dell'Interno Guido Buffarini Guidi (1895-1945) comunica al Capo della Provincia di Bologna, ovvero al Prefetto Dino Fantozzi (1899-1967), il parere negativo all'avvio dei lavori di ricostruzione e restauro delle parti distrutte dell'edificio. Scrive Buffarini Guidi:
[...] per ovvie ragioni, non si ritiene opportuno per il momento addivenire alla riparazione o ricostruzione dell'edificio in oggetto.
Il NO apposto dal Duce, sottolineato, è ben visibile sulla lettere che Fantozzi aveva inviato al Ministero dell'Educazione nazionale, e per conoscenza, tra gli altri, anche al Gabinetto del Ministero dell'Interno, il 5 gennaio del 1945, che ha per oggetto: Ricostruzione dell'Archiginnasio.
A sostegno della propria richiesta, Fantozzi sottolinea la notevole importanza storica e artistica dell'Archiginnasio, rimarcando anche il grande valore morale che avrebbe rivestito l'iniziativa proprio nel momento in cui Bologna si trovava nelle immediate retrovie del fronte, in attesa dell'imminente offensiva finale degli Alleati. La difficile situazione che stava vivendo la città avrebbe dovuto essere, per Fantozzi, non un impedimento, ma uno stimolo alla posa della prima pietra dei restauri.
Consapevole che ormai la fine del fascismo era vicina, Fantozzi scriveva:
Se anche per deprecata ipotesi la città dovesse cadere in mano al nemico, resterebbe pur sempre all'Italia Fascista il merito e il vanto dell'iniziativa.
La risposta di Mussolini, alle prese con ben altre emergenze, non poteva non essere negativa, per ovvie ragioni: le risorse della Repubblica Sociale Italiana erano ormai scarsissime e non potevano essere utilizzate per la ricostruzione dei monumenti colpiti dai bombardamenti. Eppure, nonostante il mancato sostegno all'iniziativa da parte di Mussolini, il 9 marzo del 1945 viene posata la prima pietra della ricostruzione del palazzo, alla presenza di Fantozzi, Capo della Provincia, del Podestà Mario Agnoli, del Soprintendente ai monumenti dell'Emilia, Alfredo Barbacci e di vari tecnici comunali e del Genio Civile. La cerimonia è officiata da monsignor Filippo De Maria. La posa della prima pietra è ricordata nelle proprie memorie sia da Agnoli che da Barbacci, ma entrambi indicarono una data sbagliata, rispettivamente il 7 gennaio e il 3 marzo. Barbacci riuscì ad ottenere dal Ministero dell'Educazione nazionale la disponibilità di 600.000 lire, che furono utilizzate per i primi lavori di carattere strutturale e si esaurirono rapidamente, causando la sospensione dei lavori che ripresero solo nel 1946, con fondi del Ministero dei Lavori pubblici. La posa della prima pietra era stata preceduta da una riunione convocata dal Podestà per il giorno 8 febbraio, a cui avevano partecipato Barbacci, il direttore reggente dell'Archiginnasio, Alberto Serra-Zanetti e rappresentanti dell'Università, del Genio Civile e dei servizi tecnici del Comune. Era presente anche il tenente Haftmann, che si occupava della salvaguardia dei monumenti per conto del Comando tedesco di Bologna, che offrì la disponibilità di mezzi per il trasporto di mattoni, calce e cemento. Il parere negativo del ministro Buffarini Guidi alla richiesta del Capo della Provincia di ricostruire l'Archiginnasio era stato spedito il 2 febbraio 1945, e dunque con ogni probabilità la riunione convocata dal Podestà per l'8 febbraio fu decisa immediatamente dopo aver ricevuto la risposta, di cui però è singolare che non si faccia cenno nel verbale della riunione. Come mai tanta fretta, e perché ignorare il parere contrario all'iniziativa comunicata da Buffarini Guidi per conto dello stesso Mussolini?
Vi erano certamente le motivazioni addotte da Barbacci, che riteneva urgentissimi alcuni lavori di consolidamento e la costruzioni di tettoie provvisorie per evitare ulteriori danni alle decorazioni dell'Archiginnasio, ancora esposte alle intemperie. Ma Barbacci in qualità di Sovrintendente agiva come tecnico e esperto di monumenti, mentre per Fantozzi e Agnoli vi erano con ogni probabilità anche forti motivazioni di tipo politico, che consigliavano non solo di procedere con gli urgenti lavori di consolidamento e protezione, ma anche e specialmente di passare alla storia come i protagonisti della posa della prima pietra della ricostruzione dell'Archiginnasio. Come aveva espressamente scritto Fantozzi nella sua richiesta del 5 gennaio 1945, il merito dell'iniziativa per la ricostruzione dell'Archiginnasio doveva essere dell'Italia Fascista, o meglio dei suoi rappresentanti a Bologna, quindi dello stesso Fantozzi e del Podestà Agnoli. Non c'era tempo da perdere, la città sarebbe presto caduta in mano agli Alleati e il merito di aver avviato la ricostruzione del monumento simbolo della città e quindi di aver contribuito al futuro postbellico di Bologna avrebbe potuto avere un certo peso nel momento della resa dei conti, quando sia Fantozzi che Agnoli sarebbero stati chiamati a rispondere delle loro azioni in qualità di principali rappresentati della R.S.I. in città. Da un documento recentemente ritrovato nell'Archivio riservato dell'Archiginnasio emergono ulteriori interessanti dettagli sulla vicenda: il 13 febbraio 1945 Fantozzi scrive ad Agnoli, per comunicargli che il Ministero dell'Educazione nazionale si è offerto di contribuire alla ricostruzione dell'Archiginnasio. Scrive Fantozzi:
Sono lieto che l'iniziativa, da me presa fin dal 3/1 u.s. e tanto gradita alla popolazione, abbia avuto così rapida sanzione dalla Superiore autorità.
In calce alla lettera di Fantozzi, scrive il Podestà Agnoli in data 15 febbraio:
Io sono lieto che alla mia proposta fatta al Capo della Provincia il 1° Gennaio telefonandogli da casa mia (nel fargli gli auguri di Capo d'Anno) egli abbia dato subito la propria adesione - ma la proposta è partita da me - . Per amore di quell'armonia attualmente in atto non rivendico l'iniziativa e si passi agli atti.
Il 17 febbraio Albero Serra Zanetti prende atto della piccata considerazione del Podestà e archivia il documento nell'Archivio riservato della Biblioteca, il più lontano possibile da occhi indiscreti.
La lettera di Fantozzi e la risposta di Buffarini Guidi sono conservate presso l'archivio Centrale dello Stato, Ministero dell'Interno, Gabinetto R.S.I (1943-45), busta 52, fascicolo 1376, Bologna. Ricostruzione dell'Archiginnasio. La riproduzione dei documenti è stata gentilmente concessa dall'Archivio Centrale dello Stato in data 14 gennaio 2019, n. di Prot. 132/43.11.00.
Gli altri documenti citati e qui riprodotti, provengono dall'Archivio della Biblioteca dell'Archiginnasio.
Bibliografia:
http://badigit.comune.bologna.it/sindaci/podesta_crono.htm
Mario Agnoli, Bologna "città aperta" (settembre 1943-aprile 1945), Bologna, Tamari, 1975, p. 94-95.
Luca Baldissara, Il governo della città. La ridefinizione del ruolo del comune nell'emergenza bellica, in Bologna in guerra 1940-1945, a cura di Brunella Dalla Casa e Alberto Preti, Milano, F. Angeli, 1995, p. 103-131, ma spec. alle p. 115-131 per l'attività podestarile di Agnoli.
Alfredo Barbacci, Monumenti di Bologna. Distruzioni e restauri, Bologna, Cappelli, 1977, p. 50-53.
Franco Bergonzoni, Distruzioni belliche e restauri, in L'Archiginnasio. Il Palazzo, l'Università, la Biblioteca, v. 2. La Biblioteca comunale e gli istituti culturali insediati nel Palazzo, a cura di Giancarlo Roversi, testi di Franco Bergonzoni et al., Bologna, Credito romagnolo, 1987, p. 584-588.
Alberto Mandreoli, Il fascismo della Repubblica Sociale a processo. Sentenze e amnistia (Bologna 1945-1950), spec. su Dino Fantozzi, p. 137-158.
Risorgere dalle macerie, Bologna, Tipografia Luigi Parma, 1945. Riprodotto integralmente in questo sito nella sezione Documenti dalle raccolte della Biblioteca.
Renato Sasdelli, Fascismo e tortura a Bologna. La violenza fascista durante il regime e la RSI, Bologna, Pendragon, 2017, spec. alle p. 221-222 dedicate a Dino Fantozzi.