Album "Il nome della rosa"
In questa gallery raccogliamo documenti di varia natura che illustrano la genesi e la successiva vita editoriale del romanzo Il nome della rosa di Umberto Eco, che fanno riferimento agli eventi e ai temi trattati nell’opera o che possono avere fornito una base informativa per l’autore. Riguardo a questo punto dobbiamo mettere le mani avanti (come non abbiamo mai fatto per gli altri libri letti dal Gruppo di lettura) per denunciare fin da ora che in alcune occasioni - sempre dichiarate - ci siamo divertiti ad azzardare e a proporre ipotesi che non hanno nessuna pretesa di essere dimostrate o dimostrabili. Ma se si fa una rassegna anche minima dei numerosi saggi o articoli dedicati al romanzo ci si accorge che gli stessi critici di professione hanno spesso azzardato e suggerito ipotesi poco fondate sulle fonti di Eco, tanto che lui stesso - lo vedremo - ha in alcuni casi dovuto stupirsi di quanto leggeva e, se lo riteneva necessario, rettificare. Dunque questa non vuole essere un’analisi scientifica ed esaustiva di fonti e documenti utilizzati dall’autore né tantomeno un’interpretazione del testo letterario (quando abbiamo presentato un’interpretazione critica è perché altri l’avevano già proposta e ci sembrava utile discuterne). Questo è il resoconto di un’esperienza di lettura, che si prende la libertà di azzardare un gioco - quello della ricerca di fonti, citazioni, allusioni - che è d’altra parte ben giustificato e anzi incoraggiato sia dall’Eco Autore Empirico che dall’Eco Autore Modello (riprendiamo una terminologia ben diffusa e presete in un saggio che incontreremo spesso, Interpretazione e sovrainterpretazione). Per noi bibliotecari-lettori un invito a nozze che non potevamo rifiutare.
Dove non diversamente specificato, l’indicazione delle pagine del romanzo citate si riferisce alla prima edizione, pubblicata nel 1980. La paginazione è rimasta inalterata nelle numerose ristampe Bompiani che non facciano parte di una specifica collana, comprese quelle a cui sono state aggiunte le Postille a Il nome della rosa (nella gallery forniremo maggiori informazioni sulla vita editoriale del testo).
I documenti utilizzati sono quasi totalmente conservati e consultabili presso la Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna. Salvo dove diversamente specificato la collocazione indicata è quindi relativa a questa biblioteca.
Una rosa è una rosa è una rosa?
Questo articolo di Chiara Frugoni (qui leggibile a una migliore risoluzione) racconta la storia del refuso da cui nasce il titolo. La storica cita colui che per primo lo aveva notato, Ronald E. Pepin, che del De contemptu mundi aveva pubblicato una traduzione in inglese nel 1991. Il verso a cui Eco si rifà - probabilmente per il tramite di L’autunno del Medioevo di Huizinga, precisa Frugoni - è sbagliato, perché nella versione originale del poema non si leggeva «rosa» ma «Roma». Il verso si inserisce infatti in un brano del poema che riprende l’artificio retorico dell’Ubi sunt?, cioè un’elencazione di personaggi che in vita erano stati simbolo di gloria e potenza e dei quali, ora che sono morti, rimangono solamente i nomi. Ma i personaggi citati prima del verso incriminato sono tutti presi dalla storia di Roma antica: Cesare, Mario, Cicerone, Catone, Romolo, Remo e altri. Bernardus Morlanensis quindi ci vuole dire che ci rimane solo il nome non di una rosa, ma della potenza di Roma antica, simbolo massimo della caducità della gloria terrena.
Che quella con Roma sia la versione corretta del verso è ampiamente dimostrato da Pepin, ma va detto che la variante «rosa» era così diffusa nella tradizione manoscritta dell’opera che veniva accolta praticamente da tutte le edizioni a stampa. Nel 1929, in una precedente traduzione inglese, il curatore Hoskier la indicava ancora come lezione corretta, pur proponendo la variante «Roma». Quello di Eco è quindi un errore giustificato dal momento che gli studi di Pepin uscirono negli anni successivi alla pubblicazione del romanzo. Eco accenna alla questione in maniera ironica in Interpretazione e sovrainterpretazione, pubblicato nel 1995 ma che riporta i testi delle Tanner Lectures che il professore tenne a Cambridge nel 1990:
«Così, se mi fossi imbattuto in un’altra versione del poema di Bernardo Morliacense, il titolo del mio romanzo avrebbe potuto essere Il nome di Roma (che in tal modo avrebbe acquisito delle sfumature fasciste). Ma il testo recita Il nome della rosa e capisco quanto sia difficile arrestare la serie infinita delle connotazioni che la parola suscita» (p. 94).
Inutile dire che, se si fosse imbattuto in una versione del poema che riportava “Roma” al posto di “rosa”, Eco non avrebbe mai modellato il proprio titolo su quel verso. Lo stesso Pepin nell’introduzione alla sua traduzione del 1991 afferma che quel titolo “sbagliato” è senza dubbio «more intriguing» (p. XXII).
Prima ancora di pubblicare la traduzione del De contemptu mundi Pepin aveva trattato in maniera più specifica la genesi del titolo di Eco e il suo legame con la variante errata del verso in un breve articolo intitolato Adso’s closing line in The Name of the Rose («American Notes & Queries», May-June 1986, p. 151-152).
Chiara Frugoni, C’è un refuso sotto “Il nome della rosa”, «la Repubblica», 23 novembre 2009, p. 38.