Se si cercasse una conferma dell'importanza che l'astrologia poteva rivestire nella società italiana del XV secolo, gli splendidi affreschi del Palazzo Schifanoia di Ferrara potrebbero fornirne una testimonianza più che suggestiva (1).
Le corti e le Università italiane del Quattrocento furono profondamente impregnate di cultura astrologica. In Emilia la fortuna dell'astrologia fu in buona parte legata alle Università (2). Naturalmente tra gli Studi si distinse per importanza e prestigio quello bolognese, dove, come avveniva un po' dovunque, astrologia e astronomia erano strettamente collegate. Basterà ricordare il soffitto ligneo del teatro anatomico dell'Archiginnasio di Bologna, con raffigurazioni allegoriche di costellazioni e segni zodiacali.
« Le prerogative del medico, dell'astronomo o astrologo, del matematico e del filosofo spesso si concentravano nella stessa persona, alla quale veniva affidato dall'Università l'incarico di redigere annualmente il "tacuino", o "iudicio", o "pronostico" » dai quali si attendevano indicazioni sulle congiunzioni astrali, i giorni più o meno adatti a estrarre il sangue, a somministrare i medicamenti e ogni altra operazione medica. (3)
Nell'ateneo bolognese ci furono lettori di astrologia fin dal Medioevo e la compilazione di pronostici si affermò sempre di più, divenendo un obbligo per il docente di riferimento, costituendo, con l'introduzione della stampa, un vero e proprio genere letterario, consistente in brevi opuscoli, in latino e in volgare, dedicati in genere al Signore della città, al Papa, a vescovi, cardinali, legati pontifici e consigli cittadini. L'autore vi affrontava tutti i temi astrologici con previsioni di carattere meteorologico, sanitario, politico, militare ecc. Tali previsioni, nei pronostici bolognesi, si riferivano prevalentemente a città e stati dell'Italia settentrionale e centrale, ma anche a paesi esteri, quali, Francia, Germania e impero turco.
Tradizione dello Studio bolognese era quella di affidare al professore di astronomia il compito di trarre dalle stelle le previsioni dei fatti (iudicium) e di ricavarne tutte le indicazioni per preservare la salute (tacuinus). Entrambe queste forme letterarie erano nate in ambito accademico. Verso la fine del XV secolo il termine pronosticum venne a coniugare i significati del iudicium e del tacuinus.
Fin dalle sue origini l'arte della stampa crea con la letteratura pronosticante un sodalizio fecondo, destinato a durare per secoli secondo dinamiche variabili col mutare dei tempi: ora è la produzione lunaristica che alimenta il lavoro dei torchi, ora è il tipografo che, una volta consolidata l'azienda, riconosce nel libro di fine anno un affare sicuro, capace non solo di salvaguardare il capitale iniziale ma anche di incrementarlo al punto da vestire egli stesso gli abiti di formatore di lunari all'interno della sua officina (4).
La versione latina era destinata al pubblico più colto, mentre quella in volgare si rivolgeva naturalmente a strati intermedi della società.
Questi opuscoli, quasi sempre di poche carte, generalmente in formato in quarto, sono piuttosto rari, tanto che i casi nei quali ne sia sopravvissuto più di un esemplare non sono molto frequenti. Ma, per contro, la loro diffusione dovette essere considerevole, se dobbiamo prestare fede a fonti contemporanee che parlano di alte tirature. Sembrerebbe infatti che il Pronostico di Girolamo Manfredi per il 1481 fosse stampato complessivamente in "più de 89mila" copie (5). Non di rado rilegati in miscellanee, talvolta nel tempo smembrate da collezionisti, ma in qualche caso anche da biblioteche, rappresentano una testimonianza importante, da una parte della cultura astrologica del Quattrocento, dall'altra dell'uso della stampa nell'epoca degli incunaboli. Spesso privi di sottoscrizione dello stampatore, sono facilmente databili in base all'anno al quale si riferisce la previsione, mentre sono attribuibili a questa o a quell'azienda quasi sempre solo in base all'esame dell'attrezzatura tipografica.
Presso la Biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna, ce ne sono - come è naturale, visto il legame di quella biblioteca con l'antico Studio bolognese - in quantità rilevante. Quasi tutti sono segnalati nei principali repertori di incunaboli, dall'IGI, al GW, all'ISTC. Alcuni però risultano ancora assenti in queste importanti fonti bibliografiche. In particolare sei che fanno parte di una ricca collezione appartenuta a Mario Massimo di Rignano, dei quali uno solo compare in un repertorio (GW 8671 ma descritto in modo sommario).
In questo lavoro ci proponiamo non solo di segnalarli tutti e di dare una descrizione più analitica di quelli ignoti o sommariamente citati nelle fonti, ma anche di ricostruire le vicende dell'arrivo di 15 incunaboli di quella collezione nella biblioteca bolognese e, indirettamente, le vicende della dispersione della raccolta di incunaboli appartenuta al bibliofilo Raimondo Ambrosini.
NOTE
1) Sui quali non si può fare a meno di citare il classico lavoro di ABY WARBURG, Arte e astrologia nel palazzo Schifanoja a Ferrara. Trad. di Elio Cantimori. Con uno scritto di Fritz Saxl, Milano, Abscondita, 2006, anche se la versione originale risale ormai a un secolo fa (1912).
2) ELIDE CASALI, Cultura e superstizione astrologica, in *Storia dell'Emilia-Romagna, a cura di Massimo Montanari, Maurizio Ridolfi, Renato Zangheri, Roma-Bari, Laterza, 1999, II: Dal 1350 al 1650, a cura di Gian Mario Anselmi (pp. 517-535), 517
3) Ivi, p. 518.
4) ELIDE CASALI, Le spie del cielo. Oroscopi, lunari e almanacchi nell'Italia moderna, Torino, Einaudi, 2003, pp. 35-36.
5) L'ISTC registra quattro edizioni (im00193800, im00193820, im00193830, im00194000). Cfr. ANDREA BERNARDI (Novacula), Cronache forlivesi dal 1476 al 1517, Bologna, Deputazione di Storia Patria, 1896, pp. 62-64, citato da ALBERTO SERRA ZANETTI, I pronostici di Girolamo Manfredi, in *Studi riminesi e bibliografici in onore di Carlo Lucchesi, presentazione di Carlo Alberto Balducci, Augusto Campana, Faenza, Lega, 1952, pp. 193-213.