Bologna bombardata 1943-1945

Perchè bombardare Bologna?

Come in Germania, ma per ragioni diverse se non opposte, anche in Italia i bombardamenti aerei della Seconda guerra mondiale sono andati incontro a una sorta di rimozione collettiva. Questa ha preso le forme, a seconda delle circostanze, sia di rimozione delle responsabilità (in relazione al consenso popolare dato alla guerra) -ciò che potremmo chiamare anche “memoria debole”-, sia di rimozione della memoria di parte degli eventi stessi, delle cause che li hanno generati e del ruolo dei diversi protagonisti.

Marco Gioannini, Giulio Massobrio, Bombardate l'Italia, Milano, Rizzoli, 2007, p. 24.

In un articolo pubblicato nel 1973, Le incursioni aeree su Bologna, in "Strenna storica bolognese", p. 201, Franco Manaresi, che ha effettuato molte ricerche sul tema dei bombardamenti su Bologna, scrive:

Questi bombardamenti ebbero una giustificazione od una utilità bellica? Da profani, le più forti perplessità ci impediscono di dare una risposta affermativa, almeno per la maggior parte delle incursioni. Ma allora con quali criteri venivano ordinate queste incursioni aeree? E' una domanda che probabilmente resterà senza risposta.

Bologna in realtà divenne un obiettivo militare da colpire con decisione nello stesso istante in cui gli Alleati sbarcarono in Sicilia, il 10 luglio del 1943. La svolta decisiva per il destino di Bologna fu la conquista del Nord Africa completata nel maggio del 1943. Fino ad allora Bologna non era mai stata alla portata dei bombardieri che partivano dalle basi in Gran Bretagna, a differenza di Genova, Torino, Milano. Con l'apertura del fronte in Italia, tutte le infrastrutture che potevano essere utilizzate dai tedeschi e dagli italiani (strade, porti, ferrovie e aeroporti), dovevano essere colpite, per contrastare e limitare l'invio di uomini e di mezzi al fronte, così come dovevano essere colpite tutte le aree industriali. Bologna era all'epoca, come è tuttora, uno dei centri nevralgici del sistema ferroviario italiano, e quindi diventò un obiettivo militare di primaria importanza. In particolare gli Alleati cercarono di colpire la Stazione Centrale e tutta l'area che vi gravitava attorno, con le officine, i depositi delle merci, lo scalo ferroviario, le centrali elettriche. Altri obiettivi più volte attaccati e per le stesse ragioni, furono lo scalo di San Donato, chiamato dagli Alleati Stazione Nuova e la stazione di smistamento dell'energia elettrica di Santa Viola.
Così, ad esempio, Bologna fu uno dei tanti obiettivi dell'imponente Operazione Strangle che gli Alleati condussero tra il 19 marzo e il 12 maggio 1944 per strangolare l'afflusso di rifornimenti verso il fronte, posto a sud di Roma, colpendo senza tregua tutte le vie di comunicazione tra Nord e Sud.

Nel 2001 Gastone Mazzanti ha pubblicato Obiettivo Bologna. Open the doors: bombs away!, Bologna, Costa Editore, frutto di un lungo e accurato lavoro di ricerca nei principali archivi inglesi e statunitensi, che rappresenta una svolta fondamentale per comprendere le ragioni e conoscere nei dettagli le modalità dei bombardamenti alleati su Bologna. Il libro di Mazzanti fornisce risposte precise a molte domande fino ad allora rimaste inevase, e fa tabula rasa di molti luoghi comuni sull'argomento.

Perché i bombardamenti causarono così tante perdite umane e distruzioni di edifici civili e monumenti?

Alfredo Barbacci (1896-1989), soprintendente ai monumenti dell'Emilia dal 1943 al 1952, artefice della protezione dei monumenti tra il 1943 e il 1945, e nel dopoguerra uno dei principali protagonisti della ricostruzione, in un libro di ricordi pubblicato nel 1983 (Memorie. Una vita per l'arte, Bologna, Nuova Abes) sostiene che il principale obiettivo dei bombardieri erano le chiese di Bologna, e quindi il centro storico (p. 116), allo scopo di demoralizzare la popolazione. Nello stesso libro, a p. 114, riporta come esempio della volontà di distruggere i monumenti cittadini, l'episodio della presunta gara tra aviatori inglesi per abbattere le Due Torri, episodio poi riportato da altri in diverse pubblicazioni.
Alfredo Barbacci, che pure fu testimone oculare dei bombardamenti, non considera il fatto che se gli Alleati avessero voluto distruggere Bologna per fiaccarne la resistenza, l'avrebbero potuto fare in 24 ore, così come era già stata rasa al suolo dai tedeschi nel novembre del 1940 la città inglese di Coventry, o come furono colpite dagli inglesi, causando decine di migliaia di vittime prima Amburgo e poi Dresda, o come gli americani fecero con Tokio nel marzo del 1945.

Ma non erano il centro storico o i quartieri residenziali l'obiettivo dei bombardamenti, bensì in primo luogo la vasta area della Stazione Centrale che purtroppo era a ridosso del centro, a poche centinaia di metri dal cuore della città, così come il quartiere popolare della Bolognina, che confinava con la vasta area ferroviaria.

Bologna subì in totale 94 incursioni aeree, di cui 32 effettuate da formazioni di bombardieri medi e pesanti, mentre le altre incursioni furono effettuate da cacciabombardieri e da caccia, che bombardavano e mitragliavano in pieno giorno sia obiettivi militari (colonne di veicoli, accampamenti, postazioni etc), ma anche veicoli e persone in movimento, quindi spesso civili. Si trattava di incursioni che avevano lo scopo non solo di tenere sotto pressione le truppe nemiche, che rischiavano di essere attaccate in ogni momento e quindi erano costrette a spostarsi di notte, ma di intimorire anche i civili, creando così un continuo stato di tensione, allo scopo certamente di indebolire il "fronte interno" e quindi di conseguenza la capacità di resistenza del fronte vero e proprio, che arretrava sempre di più verso Bologna e che dall'autunno del 1944 si fermò a pochi chilometri dalla città.
La maggior parte delle vittime civili e delle distruzioni di abitazioni e monumenti furono però causate dalle 32 incursioni di formazioni di bombardieri pesanti, tra cui i quadrimotori statunitensi B 17, le Fortezze Volanti, che potevano trasportare quasi otto tonnellate di bombe.

Questi bombardamenti, effettuati spesso in più ondate da decine, e a volte centinaia di aerei, scaricavano sugli obiettivi bombe per diverse tonnellate di esplosivo. Il 13 maggio, ad esempio, 127 aerei scaricarono sulle stazioni di San Ruffillo, San Donato, Bologna e Castel Maggiore, 765 bombe, per un totale di 380 tonnellate di esplosivo. Anche in questo caso molte bombe finirono su abitazioni civili, e vi furono circa 100 persone uccise o ferite, e un centinaio di edifici distrutti o lesionati.

Come venivano effettuati i bombardamenti? Si potevano limitare gli "effetti collaterali"?

La maggior parte dei 32 bombardamenti pesanti e quindi più distruttivi su Bologna vennero effettuati di giorno dall'aviazione statunitense (United States Army Air Force), mentre alcuni bombardamenti notturni vennero effettuati da velivoli inglesi della R.A.F. (Royal Air Force). Operarono su Bologna anche aerei francesi, sudafricani e brasiliani.
Dunque la maggior parte dei bombardamenti vennero effettuati di giorno, da aerei americani, e le bombe furono sganciate mediamente da un'altezza di 20.000 piedi, poco più di 6.000 metri, per limitare il più possibile l'efficacia della contraerea. A questa quota, e con i sistemi di puntamento dell'epoca, a volte sotto il fuoco della contraerea o dei caccia nemici, era scontato che una parte delle bombe finissero fuori bersaglio: se si considera la distanza in linea d'aria tra la Stazione Ferroviaria e il centro di Bologna, si comprende purtroppo che senza essere l'obiettivo dei bombardamenti, tutte le zone della città, e non solo il centro storico, erano a rischio di essere colpite, come in effetti accadde. Nel bombardamento del 29 gennaio 1944, oltre alla Stazione Centrale, il vero obiettivo dell'incursione, le bombe arrivarono a colpire via S. Stefano, in direzione sud, sud-est, a circa 2 km dal punto di mira.

Il bombardamento del 13 maggio sulla stazione di Castel Maggiore, ad esempio, fu considerato di eccezionale efficacia (cfr. Mazzanti, Obiettivo Bologna, p. 153): il 33% delle bombe scoppiarono entro 300 metri dai punti di mira, dunque delle 192 bombe da 454 kg lanciate, circa 130 scoppiarono all'esterno delle zone centrali degli obiettivi. Mediamente, dunque, il numero delle bombe che centravano l'area del bersaglio erano meno di un terzo di quelle lanciate, e dunque si potevano ottenere risultati efficaci solo con bombardamenti massicci.

L'unico modo per evitare "danni collaterali" sarebbe stato non effettuare bombardamenti pesanti su obiettivi posti all'interno dell'area urbana, come la Stazione Centrale, ma la strategia militare degli Alleati non poteva rinunciare al tentativo di indebolire il fronte tagliando o comunque limitando l'afflusso di uomini, mezzi e rifornimenti che transitavano dal nodo ferroviario di Bologna, approfittando del dominio quasi incontrastato dei cieli.

Ciò che accadde a Bologna tra il 1943 e il 1945 era purtroppo, per quanto terribile, del tutto prevedibile, nel momento in cui il fascismo nel 1940 decise che l'Italia sarebbe entrata in guerra a fianco della Germania di Hitler: il primo bombardamento su una città italiana avvenne a Torino nella notte dell'11 giugno 1940, poche ore dopo la dichiarazione di guerra. Si rimane sorpresi, leggendo alcuni saggi sui bombardamenti aerei su Bologna, nel trovare espressioni quali "guerra non voluta dagli italiani", e altre in cui i bombardamenti, del tutto decontestualizzati, sembrano essere il risultato del sadismo e della crudeltà gratuita degli Alleati.

Mussolini e le autorità fasciste conoscevano perfettamente i rischi a cui sarebbero state esposte le città italiane, e non potevano non saperlo le centinaia di migliaia di italiani che festeggiarono l'entrata in guerra, anche perché l'Italia vantava su questi temi alcuni non invidiabili primati. Fu un generale italiano, Giulio Douhet (1869-1930), tra i primi nel mondo ad assegnare all'aviazione un ruolo fondamentale nelle guerre del futuro, pubblicando a Roma nel 1921 Il dominio dell'aria, poi ristampato nel 1927 e ancora nel 1932, con una prefazione di Italo Balbo.
Douhet riteneva che il controllo dei cieli fosse fondamentale per la vittoria nelle guerre del futuro e immaginava che grandi bombardieri corazzati e potentemente armati, come saranno poi i bombardieri alleati, in primis il B17 Fortezza Volante, distruggessero prima le forze aeree, il tessuto industriale e economico dei nemici, poi annientassero anche con armi chimiche la popolazione civile, senza la quale nessun esercito avrebbe potuto continuare la guerra:

Basta immaginare ciò che accadrebbe, fra la popolazione civile dei centri abitati, quando si diffondesse la notizia che i centri presi di mira dal nemico vengono completamente distrutti senza lasciar scampo ad alcuno.

Giulio Douhet, Il dominio dell’aria, 1927, cit., p. 31

Ma i primati italiani non sono solo teorici: i bombardamenti in Libia nel 1911 nella guerra contro i Turchi, che colpirono anche obiettivi civili, rappresentarono il primo, rudimentale esempio di utilizzo dell'aviazione in un conflitto, e ancora nel 1935-36 gli italiani bombardarono obiettivi militari e civili in Etiopia utilizzando l'iprite e altri aggressivi chimici, sebbene l'utilizzo di tali sostanze fosse vietato dagli accordi internazionali del 1925, dopo il loro utilizzo massiccio durante la Prima guerra mondiale.

Fu però durante la Guerra civile spagnola che l'aviazione italiana sperimentò per prima il bombardamento sistematico sugli abitanti di una grande città europea, Barcellona. L'aviazione tedesca, intervenuta a sostegno di Franco, aveva già colpito Madrid, e tutti conoscono la vicenda di Guernica, distrutta dai tedeschi il 26 aprile 1937. Poco si parla invece dei bombardamenti italiani che dal 1937 al 1939 l'Aviazione legionaria delle Baleari, anch'essa intervenuta a sostegno di Franco, effettuò dalle basi delle Baleari su Barcellona, causando circa 2.700 vittime e 7.000 feriti. In poche ore, tra il 16 e il 18 marzo 1938, l'aviazione italiana sganciò su Barcellona 44 tonnellate di bombe.

Sui giornali italiani si enfatizzavano questi bombardamenti, anche se per evitare proteste internazionali, in un primo tempo, venivano attribuiti all'aviazione di Franco e non in maniera esplicita a quella italiana, che utilizzava in genere bombardieri senza contrassegni nazionali, ma il ruolo degli aviatori italiani e l'importante contributo dell'Italia alla vittoria di Franco diventarono poi uno degli argomenti principali della propaganda fascista per esaltare le doti guerriere del nostro paese e l'importanza dell'arma aerea nelle guerre del futuro. Dopo pochi anni la guerra aerea arrivò in Italia, e furono i civili e le città italiane a subire gli effetti devastanti della guerra totale profetizzata da Douhet e voluta dal fascismo, solo che gli incrociatori corazzati volanti che dominavano il cielo non erano italiani, ma americani e inglesi.

Era possibile difendere attivamente la città?

La difesa dai bombardamenti poteva essere passiva (costruzione di rifugi, trincee antischegge etc) o attiva, per mezzo della contraerea e degli aerei da caccia. Nonostante la pressante propaganda fascista, che enfatizzava sui giornali i successi dei piloti italiani e gli abbattimenti dei bombardieri alleati, dai rapporti che venivano stilati dai comandanti delle formazioni americane e inglesi che operarono su Bologna, riportati da Mazzanti, Obiettivo Bologna, cit., si può affermare che Bologna fosse sostanzialmente indifesa di fronte agli attacchi dal cielo.

Dopo l'8 settembre e la costituzione della Repubblica Sociale Italiana, si era ricostituita una forza aerea che continuò a combattere accanto ai tedeschi, la ANR (Aeronautica Nazionale Repubblicana), che aveva l'obiettivo di contrastare i bombardieri alleati. I piloti americani e inglesi erano tenuti ad indicare nei loro rapporti se durante le missioni erano stati attaccati da aerei nemici, ma per quanto riguarda Bologna solo in pochi casi vi furono attacchi di questo genere, e quasi sempre di scarsa efficacia. I bombardieri alleati erano pesantemente armati e volavano in serrate formazioni: avvinarsi a questi aerei, anche se non scortati da caccia, come spesso accadeva, significava essere investiti dal fuoco di decine di mitragliatrici pesanti, per cui in genere i caccia italiani e tedeschi attaccavano velivoli isolati o già colpiti dalla contraerea e quindi più vulnerabili.

Gli Alleati temevano molto di più la Flak (l'artiglieria contraerea tedesca, più efficace dell'italiana DICAT, Difesa contraerea territoriale) dalla quale non ci si poteva difendere in modo attivo, come si poteva fare con gli attacchi dei caccia. Dai rapporti dei piloti risulta che in varie occasioni, durante le principali missioni effettuate da formazioni di bombardieri pesanti su Bologna, la contraerea tedesca fu efficace, causando complessivamente l'abbattimento di due bombardieri e il danneggiamento di alcune decine di velivoli alleati, ma su Bologna volarono dal luglio 1943 all'aprile 1945 più di 2.000 bombardieri dunque la percentuale di abbattimenti fu insignificante.
In sostanza né la contraerea né i caccia furono in grado di condizionare e limitare, se non parzialmente, le missioni alleate sulla città.