Il loggiato superiore
Al primo piano del palazzo si trovano la Biblioteca e le Sale storiche, il Teatro anatomico e la Sala dello Stabat Mater oltre a numerosi stemmi e memorie.
Memoria dedicata al medico Giovanni Girolamo Sbaraglia, di Donato Creti (1671-1749) e Giuseppe Mazza (1652-1741)
Lo Sbaraglia tenne per quaranta anni la cattedra di Anatomia e Medicina e morì nel 1710, all’età di 69 anni. Le sue disposizioni testamentarie furono importanti per la città, in quanto legavano il suo patrimonio alla creazione di una biblioteca pubblica, che l’erede Marco Antonio Collina non riuscì comunque a realizzare, donando alla fine i libri di G. G. Sbaraglia alla biblioteca dei Gesuiti di Santa Lucia e alla biblioteca dell’Istituto delle Scienze.
Il ritratto in bronzo dello Sbaraglia deriva dalla medaglia eseguita da Ferdinand de Saint-Urbain e fu realizzato da Giuseppe Maria Mazza su disegno del Creti, che ne trasse anche una incisione.
Il dipinto fu eseguito ad olio su muro da Donato Creti nel 1713, ma già nel 1717 il pittore scriveva in una lettera che si era rovinato perché fatto su muro fresco, onde la calce aveva traspirato rovinandolo.
In quest’opera Creti ricorre ad una tavolozza di grande raffinatezza cromatica, con il caratteristico blu oltremare. Due figure allegoriche, l’Esperienza (con gli occhi nelle mani) e la Ragione (che stringe un morso da cavallo, alludente alla capacità di frenare le passioni), indicano allo spettatore il medaglione sovrastante con l’effige dello Sbaraglia. Le figure, eleganti come statue di porcellana, nel volto riprendono le sembianze della bella moglie del pittore, i profili come incisi su cammei e impreziositi dall’orecchino a goccia che il pittore usa di frequente.
Come nei dipinti religiosi, viene qui riproposto il doppio piano umano e celeste, a cui si aggiunge l’artifizio scenico della tenda che si apre come in un teatro. Le pennellate sono fluide, antitetiche alla corposa e immediata pittura di tocco di Giuseppe Maria Crespi, l’altro grande interprete della pittura bolognese del Settecento.
Allegoria dedicata a Marcello Malpighi, di Marcantonio Franceschini (1648 - 1729)
Il pittore, continuatore fedele e arcadico di Carlo Cignani, e in genere dell’accademismo bolognese, esprime la sua cultura classicista in questo affresco (1683-1687) dove, quasi come in una liturgia profana, Mercurio, simbolo dell’eloquenza e della ragione, dall’alto di un altare affida all’Eternità un foglio con il nome dell’illustre medico e biologo Marcello Malpighi (1628 - 1694). Sulla destra assiste alla scena la Medicina con il caduceo in mano.
Le figure sono collocate in una specie di cappella con abside a costoloni decorati, sul cui sfondo volano puttini con corone d’alloro.
La memoria Muratori
L’unico monumento dell’Archiginnasio opera di un’artista donna è la “memoria” Muratori, sulla parete meridionale del quadriloggiato superiore, pesantemente danneggiata dal bombardamento del 29 gennaio 1944 e dal successivo restauro con strappo della superficie pittorica.
La “memoria” fu dipinta nel 1707 da Teresa Muratori su incarico del padre Roberto, per rinnovare un più antico monumento in onore degli antenati Francesco e Achille Muratori, filosofi e medici. Sono ancora visibili la fama a sinistra e Mercurio a destra che sollevano i tendaggi su una scena dominata in alto dalla figura di Esculapio.
Memoria dedicata al medico Antonio Valsalva, di Angelo Piò (1690 - 1770) e anonimo frescante
Il ritratto scolpito di profilo è austero e solenne rispetto allo stile solito dell’artista, fine interprete del barocchetto bolognese che evidentemente in questa occasione si vuole conformare all’aulicità dell’ambiente.
Il ritratto di profilo con ampia parrucca ricorda un analogo medaglione ovale in stucco realizzato dall’artista nella Chiesa di San Domenico, per commemorare il generale Luigi Ferdinando Marsigli fondatore dell’Istituto delle Scienze.