ARBOR

Le edizioni di Francesco Griffo

… ho excogitato di nouo cotal cursiva forma qual extimo a qualunque rudita persona essere per piacere, parte per la novitate, et legiadrezza, parte anchora per la commoditate harà il portator de essi.

Immaginate di leggere queste parole di Francesco Griffo scritte nel 1516, stampate in corsivo, con abbreviazioni e segni grafici particolari, in un libro molto piccolo, stretto e allungato, ma soprattutto con un carattere piccolissimo.

È una frase compresa nel breve testo che si trova all'inizio del volumetto con Canzoniere e Trionfi di Francesco Petrarca, finito di stampare il 20 settembre 1516 a Bologna.
Ricorre quindi quest'anno il cinquecentenario della pubblicazione del primo libro stampato da Francesco Griffo nella sua città natale, dopo un lungo peregrinare per varie località italiane, dove mise al servizio di molti editori - più famoso fra tutti Aldo Manuzio - le sue eccezionali capacità tecniche di incisore di caratteri tipografici.

Il testo completo della 'lettera al Lettore', datata Bologna 13 settembre 1516 (Bonon. Idibus Sep. M.D.XVI) ci restituisce in diretta lingua e pensiero di Francesco Griffo, nel documento più ampio e articolato che abbiamo di lui. Possiamo così ascoltare, ancora oggi, le sue parole, dalle quali veniamo a sapere: qual era secondo Francesco il compito principale dello stampatore; cosa gli era capitato per non riuscire a realizzare prima di allora libri come questo 'petrarchino' per lettori che amano la poesia e che gradiscono noue forme de antiqui carattheri; quali erano nelle sue intenzioni le qualità raggiunte da questa edizione; infine, il suo programma editoriale, se l'humanissimo Lettore veggia cotal mia fatica non esser getata al vento.

Francesco Griffo aveva appreso i segreti della tipografia lavorando al soldo di molti stampatori ed editori italiani, sia direttamente che come fornitore di caratteri. Alla luce di queste esperienze, sintetizzava quello che per lui era il compito principale del tipografo per assicurare ai suoi Lettori un buon libro: evitare il più possibile gli errori, controllando il compositore rozzo e ignorante perché non sbagliasse nel disporre entro la forma di stampa i caratteri che componevano ciascuna parola, e procurandosi un testo il più possibile corretto, cioè privo di errori accumulati nel tempo, copia dopo copia. Ecco quindi come vedeva il suo lavoro, la non vulgar opera del vigilante impressore [doveva essere] non solo inquadrare le inordinate linee dal indotte mani d'alcun rozo et semplice compositore pessimamente disposte, m'anchora in corregere l'innumerabili errori. Per la inscitia si de tempi como de librarii ne li dotti Poemati et Historici cresciuti .

L'attenzione alla correttezza del testo, almeno nelle intenzioni, è sempre dichiarata e pubblicizzata dagli editori, tanto da arrivare a comparire prestissimo nella formulazione dei titoli ben in evidenza sul frontespizio, la pagina che si andò sempre più riempiendo di parole, simboli (le marche editoriali) e vignette per fare pubblicità al prodotto e attirare possibili compratori. La cura filologica del testo era poi la caratteristica principale della fama e del successo della produzione editoriale di Aldo Manuzio, nella cui officina veneziana Francesco Griffo lavorò dal 1494 al 1502.

La sua attività di incisore di caratteri al servizio di Aldo Manuzio è la causa alla quale Francesco attribuisce il fatto di essere diventato così tardi tipografo titolare di una propria azienda il che da me tardo conosciuto (hauendo pria li greci et latini carattheri ad Aldo Manutio R. fabbricato, de li quali egli non solo in grandissime ricchezze è peruenuto, ma come immortale appresso la posterità s'è vendicato) . In realtà, Francesco Griffo lavorò lontano da Bologna per molti anni e per molti editori: prima a Padova, poi a Venezia, Fano, Fossombrone, Perugia e di nuovo a Fano, forse a Firenze. Certamente, il periodo più importante della sua carriera fu quando a Venezia, alle dipendenze di Aldo, si occupò della produzione dei caratteri tipografici utilizzati nella sua officina (sono stati individuati come caratteri aldini di Griffo quattro serie diverse di caratteri greci, sei disegni di carattere romano o tondo e le maiuscole usate per la celeberrima edizione del Polifilo del 1499). Soprattutto, però, Griffo è stato sempre ricordato e celebrato come il principale collaboratore di quella che fu una delle sperimentazioni editoriali più riuscite e cioè la realizzazione di libri di piccolo formato, stampati con nuovi caratteri tipografici di disegno corsivo, mai usati prima di allora. Francesco in questo caso dimostrò grande abilità tecnica, tanto che Aldo - all'inizio del primo volume messo in commercio con queste nuove peculiarità, il Virgilio del 1501 - dedicò alcuni versi in lode, appunto, delle ingegnose capacità delle mani di Francesco da Bologna che avevano scolpito i nuovi caratteri. Griffo divenne quindi molto famoso, tanto da essere richiesto da altri editori come collaboratore o fornitore di materiali tipografici. Tuttavia, è stato ormai chiarito che il nuovo progetto editoriale fu ideato da Aldo Manuzio probabilmente in stretta collaborazione con Bernardo e soprattutto Pietro Bembo, prendendo come modello di forma esteriore i manoscritti di fine Quattrocento, con la scrittura corsiva corrente spesso associata al formato ridotto dei volumi, meno costosi e meno ingombranti, più comodi per la lettura personale, anche perché liberi dall'apparato di commento che riempiva le pagine dei libri di grande formato, destinati allo studio universitario e professionale. Fu Aldo a intuire le potenzialità commerciali di quello che Armando Petrucci ha indicato come libro 'da mano', il libro portatile inventato pochi anni prima dal copista e miniatore padovano Bartolomeo Sanvito, che aveva utilizzato il piccolo formato dei libri da preghiera (i cosiddetti libri d'ore) per le opere degli scrittori classici così amati dagli uomini dotti del suo tempo, copiandoli con un'elegante scrittura corsiva, poi imitata dal carattere disegnato e inciso da Francesco Griffo. Il successo dei piccoli libri stampati nell'officina di Aldo, eleganti nella loro armonia formale e curati filologicamente nella parte testuale, fu immediato e da subito diventarono per le classi colte oggetti di moda e da collezione. Non a caso, alcuni personaggi si fecero ritrarre con questi piccoli libri in mano («libelli portatiles in formam enchiridii»), come segno di eleganza e tratto distintivo dell'intellettuale del tempo.

Francesco Griffo, mettendosi in proprio, non tentò di eguagliare il successo di questo prodotto editoriale semplicemente immettendo sul mercato contraffazioni dei richiestissimi enchiridia aldini, come avevano fatto anonimi tipografi lionesi fin dal 1502. Era stato uno degli artefici della più recente evoluzione tecnica del libro a stampa e quindi decise di portare al massimo la sperimentazione: ho excogitato di nouo cotal cursiva forma qual extimo a qualunche rudita persona essere per piacere, parte per la nouitate, et legiadrezza, parte anchora per la commoditate harà il portator de essi . Probabilmente, era convinto di riuscire a raggiungere risultati commerciali ancora migliori rimpicciolendo ulteriormente il formato in edizioni realizzate sfruttando la sua abilità nel disegnare e incidere caratteri piccolissimi. A Bologna, quando nel 1516 impiantò la sua officina tipografica, i suoi libri furono un'assoluta novità per il formato ridotto e per l'utilizzo del corsivo.

Puntò anche sul sicuro successo commerciale di una serie di veri e propri best seller del suo tempo , poesia e racconti d'amore in volgare, una raccolta di fatti e detti memorabili, il modello classico della scrittura epistolare. Nella lettera al Lettore prospetta così il suo programma editoriale promettendo di stampare non solo l'opere d'antiqui et moderni in rythmi toscani ma li poeti et oratori latini de l'ordine primo .

Iniziò così la produzione di libri degli autori più richiesti, prodotti editoriali di largo consumo, poco costosi sia per lo stampatore che per il compratore e per queste ragioni difficilmente conservati. Il formato in-ventiquattresimo (quello dei libri da mano di Aldo Manuzio era in-ottavo) determinò uno specchio di stampa così ristretto che i caratteri dovevano essere talmente compressi nelle forme da mettere continuamente a rischio gli allineamenti. Inoltre, le righe erano fitte di parole stipate, a volte non spaziate fra di loro. Anche questi difetti, insieme alla carta piuttosto scadente, hanno contribuito a far sì che i piccoli volumi di Griffo non sono entrati nelle biblioteche e quindi non si sono conservati se non in pochi casi. Nella città universitaria - dove erano intensissimi il commercio e l'uso dei grandi libri da studio - fino ad allora non si erano mai prodotti volumetti di questo tipo e il carattere corsivo riapparve in edizioni bolognesi solo dopo il 1530. Le persone erudite che, nelle intenzioni di Griffo, dovevano apprezzare i suoi libretti per il disegno dei caratteri, la bellezza, la novità e la comodità, evidentemente non li acquistarono per conservarli nelle loro biblioteche, dalle quali sarebbero poi potuti arrivare fino a noi, in raccolte pubbliche o in collezioni private. Per tutte queste ragioni, si sono salvate pochissime copie, oggi rarissime e quindi molto preziose.